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2014, Università di Breslavia  (PL)

Pubblicazione nel volume: "Italica Wratislaviensia 2014 nr 5, una Breslavia italiana", Università di Breslavia (Wroclaw) Polonia.

"Italica Wratislaviensia" integrale in formato *.PDF 
  

4 dipinti pubblicati in "Italica Wratislaviensia"

 

 

 

 

Presentazione di   Paolo   Rizzi   nel  1997,    noto   critico   d'arte,   sull' opera   di   Tullio Ceccato

 

 

Qualche anno fa mi chiedevo polemicamente: "Chi ha paura di Monet?". Cioè:  chi  è così  bloccato  psicologicamente (e ideologicamente)  da rifiutare, in pittura, il  richiamo  della  natura?  Era il tempo in cui le avanguardie storiche di fine secolo tentavano gli ultimi soprassalti. Già allora un pittore come Tullio Ceccato, abbarbicato a ridosso di Asolo, uno dei doni più alti di Dio, dipingeva  paesaggi  freschi e rigogliosi, pieni di luci

e di colori. Avrebbe  dovuto  piegarsi  ai  manierismi  di  moda? Buttarsi magari  sull'arte  povera  o concettuale, sulla  minimal o  sulla neo-pop? Avrebbe dovuto, in altre  parole, soffocare  il  suo  impulso di fronte alle bellezze  del  Creato?

Purtroppo  la  storia  dell'arte di questo secolo ci mostra  come gli artisti  (ma certo: anche  i grandi  artisti, da Picasso a Bacon, da Dali a Pollock)  abbiano violentato la natura: l'abbiano deformata, scombinata,  travisata, mortificata. E stata, la loro, una avventura inebriante: quella di chi  voleva  sostituire  alla  gran  regola del cosmo l'orgoglio  prometeico  dell'uomo. Tutto questo, fino  al Sessantotto  e oltre, è stato  il nerbo  di  tante conquiste  dell'espressione  umana.  Ma si è visto poi, sempre  più, che  le forzature  fine  a  se stesse, le  ricerche  linguistiche, i continui conati di rinnovamento, le elucubrazioni dell'intelletto non potevano prescindere dalla natura se non a costo di cadere o nel vuoto formalismo o nell'esasperazione dei contenuti.

Ogni volta che si sveglia, di buon mattino, Tullio Ceccato apre la finestra al "suo" mondo. Gli compare  agli occhi il dolce profilo delle colline asolane, con l'ordine sereno della campagna, l'armonia dei colori, il  riflesso di una  bellezza  che s'irradia  tutto  attorno. Che deve fare?  Egli non ha mai avuto dubbi. Il suo compito era ed è quello di cogliere le schegge di questa bellezza naturale e di riportarle sulla tela, cercando di conservare la  genuinità  dell'impatto, l'istintività  dell'emozione, il  gusto  dell'immersione nell'erba, nei fiori, nella verzura. Da trent'anni Ceccato continua ad essere,  categoricamente, impressionista: d'un  impressionismo  che  è certo vicino a quello di Monet, cioè alla sua accezione storica, ma che è continuamente ripreso e rinnovato dalla sensibilità dell'artista.

Bisognerebbe  fare, qualche  volta,  la  prova.  Prendere  un  quadro  di Ceccato  e  osservare  il  paesaggio  da  cui  deriva.  Confrontare  cioè l'ispirazione  e la realizzazione. Penso  che  molti - almeno  coloro  che ancor oggi ritengono superato il dipingere en plein air, cioè il riportarsi della  pittura  al  soggetto  in  se - si  ricrederebbero.  La  differenza  è enorme. L'artista,  quando è  tale, trae  lo  spunto  dalla natura e, senza violentarla, la riporta dolcemente a se stesso: cioè la interpreta. Magari quel  tal  colore  di  verde o  di  azzurro  rimane  circa  lo  stesso;  ma si percepisce - si deve  percepire - l'animus  dell'artista  che, nell'atto  di amore, riconduce  le  cose  alla  sua  più  profonda  e  autentica  "verità biologica".

Ceccato è un uomo privo di infingimenti, privo di ipocrisie. Tra  le  cose cui  non  rinuncia  è  la  sincerità: ad ogni costo. Quindi  cerca di essere fedele  al  suo  istinto, alla sua natura. La pittura non fa che rispecchiare questo  modo  di  essere. Essa è  nata, si  può  dire, dall'interno, fin  da ragazzo, come  una  modalità  di  espressione  del  tutto  consentanea. Nessuno  sforzo, nessun  volontarismo. Del  resto  lo  si  capisce bene, ammirando l'assoluta spontaneità della pennellata, la mancanza di pentimenti, la fluidità con cui forme e colori vengono in evidenza. In questo è giusto definirlo pittore impressionista: seguace di Monet e di tutti coloro (ma  quanti  sono nella storia della pittura?)  che  si  sono  accostati  alla natura  con  purezza  di  cuore, tesi  a  trasfonderne le fragranti armonie. Naturalmente  la  pittura  è  anche  un esercizio tecnico:  tanto più arduo, talora,  quanto  più  appare  estemporaneo. Questo  è  il  segreto  degli Impressionisti.

Ceccato ha fatto  la sua gavetta: ha visto e rivisto, studiato  e  ristudiato;  è stato  più  volte  all'estero; ha  preso  contatti con  altri  pittori  italiani e stranieri. Fin  da  ragazzo ha avuto la fortuna di abitare in uno  dei  luoghi  non  solo  più  suggestivi  del mondo, come  Asolo, ma  anche  tra  i più fecondi culturalmente. A  ridosso  della  rocca  asolana, tra  le  memorie  rinascimentali di Caterina Cornaro, gli "Asolani"di Pietro Bembo, l'ombra di  Eleonora  Duse,  a  poca  distanza  da  quello  che  era  (e in  parte è ancora) il celebrato  barco di  Altivole, in un  luogo dove anche l'architettura  moderna (Carlo Scarpa a San Vito)  ha  segnato  uno  dei  punti più alti, insomma in una plaga dolcissima e  insieme  piena  di  echi culturali,

in cui il mondo anglosassone celebra continuamente i suoi riti raffinati, il  giovane  Ceccato  ha  avuto un'iniziazione  alla  pittura  ideale.  Oltretutto gli  girava  attorno  l'aria  di Giorgione e  di Tiziano, corroborata  da  quel certo "clima" toscaneggiante che cosi curiosamente  caratterizza  Asolo e i suoi dintorni.

L'occasione  è  stata  quando, nel 1969, egli  ha  preso  contatto con un gruppo di studenti americani che seguivano appunto ad Asolo, un corso di  pittura. L'insegnante - egli ricorda ancor oggi - era  Jim  Moon, pittore

di New York. E stata la scintilla. Da allora  Ceccato ha intensificato i suoi rapporti  con  gli  ospiti  stranieri  più colti. L'anno dopo ha  incontrato un pittore  inglese, Tom  Walker, che  è  diventato  suo amico e che ha frequentato per circa tre anni, fino al 1973. Andavano a dipingere assieme tra  le  colline e i campi, inebriandosi  degli  scorci  più  suggestivi  e dei colori più vivaci. Poi sono venuti i viaggi: dapprima in Austria (1978) e in particolare  a  Salisburgo, i  soggiorni  prolungati  in  Olanda, Stati  Uniti, Canada, Francia, Svezia; e naturalmente i vari cicli di vedute e paesaggi. Tra  il 1982 e il 1985 i contatti  si  sono  infittiti  con  l'ambiente milanese, dove Ceccato ha conosciuto (e per lui è stato un maestro) il pittore Dino Zampogna. Tutto  ciò  lo  ha  arricchito  culturalmente, gli  è  servito  con esperienza  feconda. Ma  il cuore  continuava  a  battere ad  Asolo, nella sua  terra.

Oggi  moltissimi  quadri  di Tullio Ceccato  sono  dispersi  nel mondo: li posseggono  collezionisti  di  New York  e di  Parigi, di  Salisburgo e  di Stoccolma, di Los Angeles  e di San Francisco, di  Milano e di Venezia. Difficilmente  (impossibile)  ripescarli. Lui, l'autore, cova  sempre più  la nostalgia  di  taluni pezzi che ancora ricorda, e di cui conserva puntigliosamente  le fotografie. Ceccato  ha  cinquantun'anni:  è ancora  giovane  e dall'animo giovanile. Da oltre  vent'anni  è un  autentico  professionista della  pittura: la sua  casa è  tutta  un atelier. Ma, con tutte le esperienze che s'è lasciato alle spalle, continua  a guardare  avanti con entusiasmo. Dentro di lui c'è una forma di genuinità (quasi direi di ingenuità) che gli fa da lievito: gli è comunque necessaria per incantarsi ancora, giorno dopo giorno, di fronte  alle  bellezze  dalla  natura. Guai se non fosse cosi! Il vero artista, come diceva Nietzsche, non è un viaggiatore che  programma il suo viaggio, ma un viandante che  resta curioso  del mondo e che ad ogni passo ne  scopre  le meraviglie .

Ecco perché si ripetono, nello studio asolano, i soggetti della campagna e della collina circostante, che continuano ad  essere  al  centro  di ogni interesse tematico di Ceccato:  e, ripetendosi, cambiano sempre. Guardandomi attorno, osservando  decine, se non centinaia di dipinti, non ne ho  trovato  uno  di  simile. Magari  lo  scorcio  è  lo stesso: quegli alberi, quelle  case, quel  profilo  lontano  della  rocca. L'animo che pervade la pittura è sempre diverso: ora brioso e acceso, ora  più dolce e contemplativo; ora  quasi dionisiaco, ora  sottilmente  apollineo; ora  tonale, ora timbrico; ora  mosso  e  quasi  scarmigliato, ora  avvolto  d'una  estatica immobilità. Muta il colore, che da  fragrante si fa  in certi momenti morbidissimo; muta l'impianto stesso, che trapassa dal "cantante" melodico al giuoco  eccitato  dei  contrappunti; muta  il ductus della pennellata, che mai  cede  alla  estemporanea  freschezza. Insomma: ogni quadro è un mondo a se, anzi diventa una sorta di identikit del suo autore. Questa -credo - è la vera  qualità del  pittore impressionista, che trasmuta la sua motilità psicologica e sentimentale nella natura.

Ma c'è anche un punto cui  ogni giudizio  su  Ceccato  va  riferito: la  sua  appartenenza, fin nei precordi, alla cultura  artistica  veneta. Quell'umore  agreste,  elegiaco, quasi  virgiliano, che  è  stato  altre  volte evidenziato, nasce  dalla  profonda  compenetrazione  con la tradizione pittorica che sovrasta  non  solo  le  colline  asolane, ma  tutta  la  plaga  veneta.  Qui nell'aria  si  respira  la  soavità  atmosferica  di  Giorgione, si  captano le modulazioni cromatiche di Tiziano; e magari si arriva ai chiarori celestiali di Tiepolo. E una  cultura  radicata  nel  luogo: che  continua  ancor oggi, trovando  espressioni  originali  in  artisti  che  da poco ci hanno lasciato, come Carlo Dalla Zorza  e Gigi Candiani, come Nino Springolo e Nando Coletti.

La  pittura  veneta  antica, si sa, è basata  essenzialmente  sulle stesure lievi e briose di un colore sinfonico che diventa per secoli indice di  una  venezianità  che  si  diffonde in  tutta Europa, fino a  Rubens e a Renoir. Questo  bisogno  di  "cantare col colore"  deriva  essenzialmente  dalla dolcezza del luogo: si tratti della laguna opalescente o delle gentili  colline pedemontane. In fondo, Ceccato  non  fa  che  riferirsi da una parte alla grande cultura del passato, dall'altra alla natura  stessa  del luogo in cui  vive.

Vale  ribadire  quel  che, altre  volte, è stato  detto: la  pittura di Ceccato  non  muta  registro  da  oltre  vent'anni.  C'è  sempre  ariosità,  sempre freschezza. Le  betulle  guizzano nello  stormire  delle  fronde; i  lunghi prati cambiano le tinte secondo le ore della giornata; le semplici casette si  inseriscono, palladianamente, nei  campi; le  colline  formano  profili ondulati di soave armonia. L'uomo è figurativamente assente, ma la sua presenza aleggia tutto intorno: è un uomo che ha capito, pur in tempi di inquinamento come i nostri, la  giusta  regola di un accordo, di una simbiosi  con  l'ambiente.  Questo  "tono"  elegiaco  si  ritrova  anche  nelle vedute delle città straniere o italiane, negli scorci brillanti di Venezia, nei sia pur rari ritratti, nei fiori, nelle bambole, nelle nature morte.

Tutto, anche il "color locale", è ridotto alla gentile dimensione veneta. E la tecnica  svaria  dall'olio  all'acquerello al pastello. Semmai si nota nel tempo (e il  raffronto  tra  quadri  recenti  e  meno  recenti  lo rivela) una maggior  franchezza  nell'orchestrazione  sinfonica  del colore. All'inizio l'artista era come intimidito e giocava sui toni; poi, preso pieno possesso  delle  sue  qualità  interpretative,  ha  finito  per  adoperare  l'intera tavolozza  in una serie di  variazioni sciolte e sempre più timbricamente "sonore". In  fondo, la  sua  pittura  è  come  se seguisse l'andamento della musica di Vivaldi, cioè della classica musica veneta.

 

Pubblicazioni

 

Intervista integrale

 

Intervista su DUEMILA

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pubblicazioni:

 

Il Gazzettino di Venezia

Il Giornale di Vicenza

L'Arena di Verona

La Tribuna di Treviso

La Nuova Venezia

La Vita del Popolo

Asolo Notizie

Periodico "CIGA Magazine"

Metro di Stoccolma

Swea Bladet (Stoccolma)

Fin Viikkoviesti  (Stoccolma)

Svenskadagbladet  (Stoccolma)

Gazeta Wyborcza (Polonia)

 

 

Pubblicazioni d'arte

 

Unedi Catalogo, Artisti Veneto, 1979.

Catalogo Arte contemporanea italiana, Veneto Emilia, 1987.

Arteoggi Cidac, 1991.

Top Arts, 1994.

Catalogo "Pittori e scultori di importanza europea, 1998", ed. Il Quadrato.

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Intervista integrale

Domande intervista “DUEMILA “ (agosto 2OO9) 


1) Che ricordi ha della sua infanzia? 

Della mia infanzia ho ricordi positivi. Sono nato ad Asolo nel 1945 alle pendici della collina, in una casa antica " Ca Vescovo" Una grande famiglia con diversi rami di parentela , tutti Ceccato. Tutti in questa lunga casa del seicento, ex casa dei vescovi di Treviso usata in precedenza dalla curia vescovile. All'entrata gli scalini che entravano nella sala centrale, e a sinistra una grande scalinata in pietra che portava ai piani superiori. Nonostante ci fosse il vincolo della Soprintendenza delle Belle Arti di Venezia ( era monumento nazionale dal 1967) fu demolita di notte da un industriale ben noto in paese per far posto ad una fabbrica di televisori. 
La mia infanzia trascorse in un ambiente contadino, quindi molto vicino alla natura. La natura mi è sempre piaciuta. Avendo vissuto da sei anni in poi in un'altra casa grande di campagna di S. Vito di proprietà di mio bisnonno , davanti alla casa c'era la stradina che attraversava la campagna e arrivava al suo palazzo del 600 in via Costanza, con attorno piante secolare di tutti i tipi, e attorniata da molti ettari di terreni. Ho sempre respirato fin da bambino l'atmosfera semplice naturale e genuina della collina e della campagna. I ricordi che mi vengono alla mente più sovente era quando già allora stavo a guardare le montagne dal terzo piano, dove c'era il granaio, e disegnavo sui miei quaderni delle elementari il profilo delle montagne. A nove anni sono andato in collegio per tre anni dai frati francescani di Chiampo(VI) sicuramente è stato un avvenimento importante per la mia crescita sotto il profilo dell'amore per il silenzio ( le lunghe ore in silenzio nel salone dello studio)l'educazione, la meditazione e specialmente la contemplazione della natura. Ho imparato il rispetto per la natura e per il prossimo. Sicuramente una delle cose che non posso dimenticare era quando mia madre mi veniva a trovare e dopo se ne ritornava a casa; mi attanagliava un nodo alla gola che mi durava una settimana. Nonostante questo ho imparato cose importanti stando in collegio. La disciplina per primo. Mi ricordo le passeggiate sulle colline vicino a Chiampo. Mi sono accorto più tardi che la vita di collegio aveva un sapore di nobiltà. 


2) Quando è avvenuta la scelta di dedicarsi all'arte? 

E iniziata in me l'idea di dedicarmi all'arte nel periodo in cui ho frequentato una scuola d'arte di ragazzi e ragazze americane in visita ad Asolo ; stavano nei mesi estivi dentro il vecchio Convento di S:Luigi (adesso lo chiamano S. Pietro)che è situato tra il centro di Asolo e il convento e chiesa più vicino alla Rocca. Il prof. Jim Moon di New York era il loro insegnante. Io ho frequentato questo ambiente perché parlavo inglese essendo stato per tre anni in Canada Ero partito per il Canada a 19 anni quasi subito dopo la scuola nell'anno 1965 .Quando ero nell'ambiente di questi ragazzi ho incominciato a dipingere. Io ero appassionato per il disegno anche prima. Uno di questi ragazzi si chiamava Robert Holton, americano,e con lui siamo andati a fare un giro nel sud Italia con i cavalletti a dipingere all'aria aperta. 


3) Che ricordi ha dei suoi viaggi all'estero? Ci sono posti dove tornerebbe? 

Un posto che ricordo molto volentieri e che tornerei è Salisburgo .Ogni tanto andavo a dipingere lassù; ho conosciuto gente e lavorato bene. perché è una città che mi piace. Mentre dipingevo conoscevo delle persone che quando capivano che abitavo vicino a Venezia avevano un sobbalzo di entusiasmo e si instaurava un buon rapporto e dopo qualcuno di questi durava nel tempo. Quando andavo a Parigi stavo nei posti più idonei ai miei gusti; a me piacciono gli angoli pittoreschi ma privi di rumore e traffico. Già trent'anni fa a Parigi c'erano molti turisti e quindi la tranquillità necessaria per dipingere non era il massimo. Io a volte sono in grado di estraniarmi dall'esterno ma è sempre più difficile perché c'è sempre qualcuno che ti viene a guardare o a farti delle domande. Parigi per il suo passato dei pittori Bohemien ha sempre un fascino particolare e quindi vi dipingevo volentieri. Un'altro posto in cui dipingevo e mi sono trovato bene è Stoccolma.. Mi sono trovato benissimo e la gente è stata molto ospitale e generosa in contrasto a volte con lo stereotipo di freddezza dei paesi nordici. Io essendo italiano avevo a volte la sensazione di essere trattato con privilegio. Un'altro posto dove sono stato più volte e ci tornerò è Breslavia , in Polonia (ex città Tedesca) . La città ha dei rami del fiume Oder che la attraversa , quindi piena d'acqua e molto bella. In California mi sono trovato bene. Questo ambiente è diverso dall'Europa. ma ho trovato anche laggiù gente molto ospitale. La natura è molto uguale al Veneto con molte colline e molti vigneti, specialmente vicino S: Francisco. Anche la Francia mi è piaciuta , il sud le parti di Levignac , Duras., anche la tornerei volentieri. 


4) C'è qualcuno con cui ha condiviso la sua carriera artistica? 

Qualcuno che devo menzionare nella mia carriera artistica è Tom Walker, inglese. Ho avuto un'amicizia nel mio inizio di carriera ( molto breve che mi è servito ) quel tanto che è bastato per me ad avere amore per la pittura. Un'altra persona Karen Park(USA) con la quale andavo in giro per le colline di Asolo mentre lei dipingeva acquerelli; è così che ho incominciato. Un'altro Americano Robert Holton USA (sempre all'inizio della mia carriera per pochissimo tempo). 
Una persona che ha lavorato in una banca milanese per trent'anni e dopo aver raggiunto l'età della pensione è tornato vicino ad Asolo, aveva molto la passione della pittura, era Federico Polo . Lui mi veniva a prendere spesso di mattina presto , anche alle quattro per andare a Venezia o in altri posti. Io ero poco più che ventenne. Lui era molto generoso. A Venezia a mezzogiorno andavamo a mangiare il pesce in uno di quei posti (adesso non ci sono più) tutti neri dai fumi della cucina, si mangiava il pesce fresco con sole mille lire; voleva pagare quasi sempre lui. 
Una persona e pittore Milanese con il quale sono stato amico e ho frequentato quando io avevo lo studio a Milano è stato Dino Zampogna. Con lui ho un rapporto di buona amicizia . Quando avevo bisogno di crescere nella mia formazione artistica mi affidavo a lui. Inoltre mi piaceva emularlo perché girava l'Europa in lungo e in largo . 

5) Chi sono gli autori e gli artisti che preferisce? 

Io sono portato a prediligere gli autori che nella loro arte oltre che creare bellezza e poesia esprimono anche il loro lato umano. Sono stato un grande ammiratore di Van Gogh . Mi piaceva leggere le lettere che lui scriveva al fratello Teo. Leggendo i problemi dei pittori che iniziavano a dipingere nei primi anni della loro carriera mi dava la forza di poter continuare perché pensavo che così doveva essere. Sicuramente un'arte guadagnata con fatica ha più basi per essere valida. Un'altro autore del passato che mi piace è Monet. A me piace molto anche l'arte dei nostri maggiori artisti del rinascimento Veneti. Da Tiziano a Veronese Giorgione Tintoretto e più tardi Tiepolo. Devo dire che l'arte classica soddisfa molto la mia curiosità; é sempre stato così. Credo che inoltrarsi nel creare arte troppo astratta e complicata è la maniera per uccidere la bellezza e la poesia. Un'arte troppo sofisticata corre il pericolo di essere capita solo da pochi e quindi non fruibile, e in questa maniera non adatta alla bellezza e poesia perché è specialmente di questo che il mondo non può far a meno. Il bello stimola la gioia, il brutto la tristezza. 


6) Quali sono i soggetti che preferisce ritrarre? 

I soggetti più ricorrenti nella mia pittura sono stati i paesaggi, scorci pittoreschi di città .Questo era sicuramente per il primo periodo della mia carriera, non disdegnando la figura , la natura morta con molto meno intensità. In questo periodo della mia vita mi attira il nudo femminile. Io sono molto spontaneo nel scegliere i soggetti della mia pittura., dipingo sempre quello che al momento mi entusiasma; questa è una chiave che in prospettiva produce un lavoro positivo. Le cose che mi vengono commissionate non mi piacciono, ma un pittore professionista le esegue, anche se non è una regola. Qualche soggetto in pittura che ho fatto per mia spontanea volontà ma che avrei preferito non fare è aver dipinto qualche uccello morto o morente dopo essere stato vittima di qualche cacciatore; per esempio un pettirosso trovato morente nel mio giardino con un pallino di piombo in corpo. 
Ultimamente mi è piaciuto lavorare con i pastelli dipingendo dei paesaggi asolani e dintorni. 


7) Cosa pensa della natura? 

Questo è una domanda su cui si potrebbe parlare per molto. Per quello che mi riguarda mi sembrerebbe un luogo comune parlarne. Io ne parlerei tutti i giorni;questa è una visione solo mia e soggettiva, devo ammetterlo. Alla gente comune non interessa la natura, non ne parla. C'è poca informazione e se c'è insufficiente per far cambiare vita alla gente, nel senso di rispettare di più il verde e fermare la cementificazione. La nostra terra è una cosa finita.; quindi andando avanti di questo passo rimaniamo completamente senza verde. Io potrei dire di essere di parte perché vorrei che la natura continuasse ad esistere cosi posso continuare a fare dei bei quadri. La nostra natura è in una situazione grave. Siamo pieni di inquinamento atmosferico e inquinamento acustico , e dopo quello che è più brutto è l'inquinamento visivo( io chiamo così non vedere più il verde e al suo posto tutto questo cemento e altre cose orribili per la vista.) Non c'è più rispetto per la natura e quindi di riflesso neanche per noi stessi. L'uomo non ha il tempo di fermarsi a meditare quanto di bello noi abbiamo e quante cose stiamo distruggendo. Io sto vivendo con molta tristezza e dispiacere questa trasformazione della nostra terra. C,è tanto da dire su questo argomento, e questo è il tema più importante senza ombra di dubbio per l'uomo moderno. Si dovrà concertare un modo comune tra tutti gli stati del mondo per risolvere questo problema;Purtroppo con l'aumento esponenziale della cementificazione non ci resta tanto tempo a disposizione. 


8) Che intenzioni ha per il domani? 

Le mie intenzioni per il domani sono condizionate dalle varie vicissitudini della vita. Ultimamente ho sentito la salute non reggere come vorrei , adesso va meglio. Le mie intenzioni per il futuro le vedo con entusiasmo. Ho in mente di dipingere ancora tanto. Non posso dire a priori cosa farò. sicuramente io dipingerò ancora paesaggi e altre cose che ho in mente; è quello che sto pensando per il mio futuro. Nel futuro non si può dire con certezza cosa si farà . C'è sempre il condizionamento del periodo della vita in cui si vive, e quindi il domani è curioso anche per quello, può diventare una cosa bella da scoprire. 

Tullio Ceccato

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